giovedì 28 aprile 2011

Tratto dal libro “Emozioni su Topolino” di Gianni Maritati


15 dicembre 1966: piange, Topolino. E’ forse l’unica volta in cui il personaggio più ottimista della fantasia tradisce un’emozione così profonda e struggente. Con la testa reclinata sul petto, abbandonata nel palmo della mano sinistra, Topolino versa caldi lacrimoni appena un invisibile amico gli comunica la brutta notizia che, a dieci giorni dal Natale, papà Walt è morto a 65 anni a Burbank, nella sua, anzi nella «loro» calda California. Un’immagine indimenticabile, scolpita per sempre nella celebre copertina che uno dei più grandi «Disney italiani», Giovan Battista Carpi, disegnò per il settimanale Epoca. Intanto, sul numero natalizio del suo settimanale, il 578, Topolino appariva sorridente vicino al suo amico Paperino. Insieme, portano i regali ai nipoti di Paperino, Qui, Quo e Qua, che, con le bianche manine protese a scoprire cosa c’è di bello in quei pacchi variopinti, sbucano fuori da un albero addobbato a festa e sormontato dalla più classica delle scritte: «Buon Natale». Ma la copertina più «vera» è quella di Epoca. In quello sconforto senza limiti di Topolino, che per un lungo attimo sembra quasi spezzare l’incantesimo dell’immaginazione artistica, c’è posto anche per l’amarezza di un premio Nobel per la pace mai arrivato a suggellare una lunga sequenza di premi Oscar e di lauree ad honorem. Della possibilità di una candidatura di Walt Disney, si era parlato qualche tempo prima della sua morte negli ambienti intellettuali parigini. Ma l’idea non avrebbe avuto seguito, nonostante gli appelli di tanti appassionati estimatori come Oriana Fallaci, che concludeva così una sua lunga intervista a Walt Disney pubblicata sull’Europeo del 9 giugno 1966: «Signori di Stoccolma, austeri signori che non avete mai udito un fiore che canta, non avete mai volato come Peter Pan, non avete mai visto una sirena, non avete mai pianto dinanzi a un robot, non avete mai riso coi Tre Porcellini, non avete mai usato uno scheletro a fin di bene, signori di Stoccolma che deste il Nobel per la pace a Giuseppe Stalin: datelo a lui, questa volta. A Walter Elias Disney, abitante a Los Angeles, Usa. Anche se lui non lo vuole. Anche se dopo ci fa una barchetta e ci gioca nella vasca da bagno, scuotendo la testa. E negli occhi maliziosi, distratti, una goccia zitta di malinconia».
Il Nobel per la pace non arrivò. Eppure, pensa il Topolino di Epoca vicino al suo spoglio, sconsolato albero di Natale, papà Walt ha fatto tanto per l’infanzia di tutto il mondo. E non solo per l’infanzia, ma per tutti gli esseri umani che grazie alla sua Fabbrica di sogni possono riscoprirsi più veri con se stessi, più fiduciosi nei rapporti con gli altri, più aperti al mistero, e al rispetto, di madre natura. Moralmente, Walt Disney e tutti gli artisti del suo Studio lo avevano già vinto, quel Nobel per la pace, grazie a decenni di lavoro, di sfide, di intuizioni. Una storia, quasi una favola, che è sempre bello raccontare.
 

martedì 26 aprile 2011

Invisibilmente fragile

..e fa sempre un po' male vederti come prima, sentire le tue battute buttate lì apparentemente senza farci caso, sentirti prendere scuse sul perchè non ti va, ma sul domani che sarà diverso..

E ti guardo, così bella, così forte in apparenza, così profonda, intelligente, sempre al posto giusto, così invidiabile.

Sono anni che mi chiedo perchè ma credo che non avrò mai risposta.

..e da forte, bella, coraggiosa, donna, diventi un piccolo uccellino da sorreggere delicatamente..Sento che se chiudessi un po' le mani ti potrei schiacciare..

E mi ricordo quel biglietto,e  ti guardo e mi ricordo le mille lacrime versate, le mille che verserei ancora. Invisibili.

venerdì 22 aprile 2011

Un anno dopo...

é passato un anno dall'inizio della nostra convivenza.
L'anno scorso, spesso mi chidevo come sarebbe stato questo primo anniversario, e di tutte le cose che potevo immaginare, certo non avrei mai pensato di festeggiarlo in Olanda.
Un anno fa entravamo nella nostra casetta, dopo averla aspettata tanto, dopo averla immaginata, sognata, progettata. Stavo imbiancando, la nostra casetta era un cantiere. Aspettavo con ansia i mobili, la cucina, mi pareva un sogno vederla sistemata, non riuscivo ad immaginarla. Un anno fa Duke soffriva le stesse crisi d'ansia di adesso. Povero tesoro.

Ed eccoci qui, insieme, in una nuova casetta, in un nuovo Paese, ad imparare una nuova lingua.
E io che credevo che sarei stata tutta la vita o quasi nel nuovo paesello...
Un anno fa credevo in molte persone che mi hanno delusa. Mi chiedevo come sarebbe andata questa convivenza.Penso sia andata bene se oggi siamo in Olanda, sempre insieme.

Certo che questo tipo di esperienze fa crescere molto più in fretta. Che bella la vita, adoro il suo lato misterioso, imprevisto. Ne è il sale.

mercoledì 20 aprile 2011

Non chiudete quella porta!!!!

Lo sapevo, appena l'ho vista sapevo che presto sarei rimasta chiusa fuori..nel giardino. Eh già perchè c'è una porta che da fuori non ha la maniglia e si apre solo con la chiave. E non è neanche a prova di Duke che la riesce ad aprire lo stesso. Come, non si sa.
Oggi appunto volevo fare la prova per chiudere a chiave dall'interno, affinchè Duke domani non scappi. Io non riesco a chiuderla perchè è maledettamente dura quella stupida porta. Quindi ho messo la chiave nella serratura interna.
Avevo quasi frescolino mentre mangiavo e ho deciso di bermi il caffè fuori al sole, visto che qui è estate.
Ho appoggiato il caffè sul tavolino e ho pensato di andare a prendere la sedia comoda comoda della sala. La porta era chiusa.
Ho passato due ore e mezza nel tentativo di riaprirla. Le finestre erano tutte chiuse, solo quella al primo piano era a perta. E che siamo pazzi che mi arrampico? No, non sono in grado. Pensavo all'agilità di Candy Candy e la invidiavo.
Allora ho deciso che dovevo recuperare la chiave, infilando il braccio nello sportellino per il gatto. Ho provato mille bastoni, finchè ne ho trovato uno sottile e lungo abbastanza e sono riuscita a incastrarlo nella chiave. Ma non si sfilava. Certo, è dura quella maledetta serratura!!! Volevo allora smontare la maniglia, per fortuna la cassetta degli attrezzi è fuori. Niente, non ci sono viti, non ci sono chiodo, avevo paura di romperla.
In quel momento vedo Duke. Duke era IN casa!!!Dovevo solo farlo saltare sulla maniglia! Lo chiamavo, lo incitavo, ho  provato con le crocchette, con la pallina ma niente. Ho finto di piangere di ridere di uscire. Niente. Ti prego Duke salta sulla maniglia!!!Qual è la cosa che fa impazzire Duke??? certo, il guinzaglio!!!!Dai Duke vieni andiamo, guarda il guinzaglio!!! E qui si scatena in abbaii e uggiolii come dire aprimi che arrivo! Duke sa aprire le porte, ma sa che non lo deve fare e così davanti a me non ha osato farlo.
Certo che se non ci fosse lo sportello del gatto non mi graffierei tutto il braccio e forse ce la farei col buco piu largo. Lo smonto.
Ok. Allora visto che il bastoncino si piega, costruiamo un braccio più lungo. Una sega con attaccato il rastrello.Con la sega aggancio la chiave, ma niente non esce.
Proviamo a scassinare la serratura o a fare saltare fuori la chiave. Provo con cacciavite, punta del trapano (che mi si spacca nella serratura) e con la molla di una molletta per i panni smontata. Niente, io non le so fare ste cose.
Intanto ho fatto pipì in un vaso. Non ce la facevo più. Duke non la fa e allora la faccio io eheheh E si muore dal caldo. Tolgo i pantaloni. Non posso neanche chiamare i vicini, non hanno le chiavi.
Lampo di genio! Che stupida, la porta non è chiusa a chiave! Posso tirare giu la maniglia è più facile!Lego una corda col nodo scorsoio e la faccio scendere. Si può fare. Ma come metto la corda sulla maniglia? Provo col rastrello.

...si lo ammetto ho scoperto di essere stupida o di avere molto poco spirito pratico...

Dopo 5 minuti che tento di agganciare la corda, il colpo di genio ulteriore: La maniglia si può tirare giù anche col rastrello!

E dopo due ore e mezza sono in casa.

sabato 9 aprile 2011

Ritorno a casa

Il viaggio di ritorno in Olanda è stata tutta un'avventura. Finito di caricare la macchina, ci siamo guardati negli occhi e abbiamo deciso di partire immediatamente enza dormire.Doccia, e amezzanotte via. Con Duke che ha dormito per 14 ore di viaggio senza mai piangere. Bravissimo.

Ore e ore a macinare la schwarzwald, finch' all'improvviso il terreno è diventata pianura, gli alberi sono spaiti per far posto all'erba verde intenso, come solo in olanda l'ho vista.

E sono scese le lacrime..

E lui, il mio bellissimo cagnone, mi ha dato la sensazione di annusare l'aria come se fosse stato finalmente a casa..In fondo lui è un Belga e l'istinto varrà pure a qualcosa..

venerdì 1 aprile 2011

Davanti a San Guido

Ho trascorso un viaggio in aereo che è stato un turbinio di emozioni. Sono partita col dispiacere per le persone che lasciavo e per i posti, pur sapendo che presto sarei tornata. Mi chiedevo dove avrei sentito di essere a casa.

Il cielo era nuvoloso; si vedeva solo nebbia dal finestrino. Quando l'aereo ha iniziato l'atterraggio, all'improvviso le nubi si sono aperte e dal finstrino si vedeva solo un'immensa pianura. La mia pianura. Ho sentito l'emozione salire fino agli occhi, un brivido in tutto il corpo. Mi sono girata di scatto verso il finestrino opposto: eccole, svettavano nel cielo magnifiche, le cime spruzzate di neve, le Alpi! le lacrime hanno iniziato a scendere, non potevo farci nulla. Le mie montagne! mi sono vista passare davanti mille ricordi, mille momenti, mille mattine in cui le osservavo scintillare, mille passeggiate in cui, sempre timida e da lontano, osservavo le loro cime.

Ho pensato ad Heidi e a Carducci. Stupido, ma vero.

E quando ho potuto stare nella mia pianura mi sono sentita delusa dal constatare che essa non è affatto infinita come la pianura olandese.

Chissaà, sarò un giorno turista in questa terra?

DAVANTI SAN GUIDO
 


 


I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardâr.

Mi riconobbero, e - Ben torni omai -
Bisbigliaron vèr me co 'l capo chino -
Perché non scendi? perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino.

Oh sièditi a le nostre ombre odorate
Ove soffia dal mare il maestrale:
Ira non ti serbiam de le sassate
Tue d'una volta: oh, non facean già male!

Nidi portiamo ancor di rusignoli:
Deh perché fuggi rapido così
Le passere la sera intreccian voli
A noi d'intorno ancora. Oh resta qui!

Bei cipressetti, cipressetti miei,
Fedeli amici d'un tempo migliore,
Oh di che cuor con voi mi resterei -
Guardando io rispondeva - oh di che cuore!

Ma, cipressetti miei, lasciatem'ire:
Or non è più quel tempo e quell'età.
Se voi sapeste!... via, non fo per dire,
Ma oggi sono una celebrità.

E so legger di greco e di latino,
E scrivo e scrivo, e ho molte altre virtù;
Non son più, cipressetti, un birichino,
E sassi in specie non ne tiro più.

E massime a le piante. - Un mormorio
Pe' dubitanti vertici ondeggiò,
E il dì cadente con un ghigno pio
Tra i verdi cupi roseo brillò.

Intesi allora che i cipressi e il sole
Una gentil pietade avean di me,
E presto il mormorio si fe' parole:
Ben lo sappiamo: un pover uomo tu se'.

Ben lo sappiamo, e il vento ce lo disse
Che rapisce de gli uomini i sospir,
Come dentro al tuo petto eterne risse
Ardon che tu né sai né puoi lenir.

A le querce ed a noi qui puoi contare
L'umana tua tristezza e il vostro duol;
Vedi come pacato e azzurro è il mare,
Come ridente a lui discende il sol!

E come questo occaso è pien di voli,
Com'è allegro de' passeri il garrire!
A notte canteranno i rusignoli:
Rimanti, e i rei fantasmi oh non seguire;

I rei fantasmi che da' fondi neri
De i cuor vostri battuti dal pensier
Guizzan come da i vostri cimiteri
Putride fiamme innanzi al passegger.

Rimanti; e noi, dimani, a mezzo il giorno,
Che de le grandi querce a l'ombra stan
Ammusando i cavalli e intorno intorno
Tutto è silenzio ne l'ardente pian,

Ti canteremo noi cipressi i cori
Che vanno eterni fra la terra e il cielo:
Da quegli olmi le ninfe usciran fuori
Te ventilando co 'l lor bianco velo;

E Pan l'eterno che su l'erme alture
A quell'ora e ne i pian solingo va
Il dissidio, o mortal, de le tue cure
Ne la diva armonia sommergerà.

Ed io - Lontano, oltre Appennin, m'aspetta
La Tittì - rispondea -; lasciatem'ire.
È la Tittì come una passeretta,
Ma non ha penne per il suo vestire.

E mangia altro che bacche di cipresso;
Né io sono per anche un manzoniano
Che tiri quattro paghe per il lesso.
Addio, cipressi! addio, dolce mio piano!

Che vuoi che diciam dunque al cimitero
Dove la nonna tua sepolta sta? -
E fuggìano, e pareano un corteo nero
Che brontolando in fretta in fretta va.

Di cima al poggio allor, dal cimitero,
Giù de' cipressi per la verde via,
Alta, solenne, vestita di nero
Parvemi riveder nonna Lucia:

La signora Lucia, da la cui bocca,
Tra l'ondeggiar de i candidi capelli,
La favella toscana, ch'è sì sciocca
Nel manzonismo de gli stenterelli,

Canora discendea, co 'l mesto accento
De la Versilia che nel cuor mi sta,
Come da un sirventese del trecento,
Piena di forza e di soavità.

O nonna, o nonna! deh com'era bella
Quand'ero bimbo! ditemela ancor,
Ditela a quest'uom savio la novella
Di lei che cerca il suo perduto amor!

Sette paia di scarpe ho consumate
Di tutto ferro per te ritrovare:
Sette verghe di ferro ho logorate
Per appoggiarmi nel fatale andare:

Sette fiasche di lacrime ho colmate,
Sette lunghi anni, di lacrime amare:
Tu dormi a le mie grida disperate,
E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare.

Deh come bella, o nonna, e come vera
È la novella ancor! Proprio così.
E quello che cercai mattina e sera
Tanti e tanti anni in vano, è forse qui,

Sotto questi cipressi, ove non spero,
Ove non penso di posarmi più:
Forse, nonna, è nel vostro cimitero
Tra quegli altri cipressi ermo là su.

Ansimando fuggìa la vaporiera
Mentr'io così piangeva entro il mio cuore;
E di polledri una leggiadra schiera
Annitrendo correa lieta al rumore.

Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo
Rosso e turchino, non si scomodò:
Tutto quel chiasso ei non degnò d'un guardo
E a brucar serio e lento seguitò
Giosuè Carducci 

Mia cara Olanda, non vedo l'ora di vederti!